Tra il 2006 e il 2008 un gruppo di esperti condusse una ricerca sul campo per mettere in luce la forte necessità di armonizzare l’azione a livello europeo, integrando i codici penali di alcuni stati membri con dei reati specifici per tutelare le donne. Nel 2008 venne presentato il primo progetto di Convenzione, che tra varie modifiche, emendamenti e lavori finali, nel 2011 confluì nella Convenzione come noi la conosciamo oggi. Nel 2011 veniva approvata la Convenzione di Istanbul, con la firma di 32 stati. Era il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che creava un quadro giuridico completo per combattere la violenza di genere.
Negli anni precedenti al 2011, l’Unione Europea aveva provato a verificare lo stato dell’arte relativo alla lotta contro la violenza di genere rendendosi conto del fatto che quasi tutti gli stati membri presentavano una legislazione penale molto completa, diversa tra ogni stato, ma che non riusciva veramente a tutelare le donne, in tutti quei casi in cui sono persone offese di reati specifici che colpiscono solo le donne.
Il punto più importante è che la Convenzione identifica la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e come una forma di discriminazione. Identifica, dunque, la violenza di genere come fenomeno sistemico e cerca di dare risposte strutturali ed organiche al fenomeno.
Il livello di protezione e di garanzie che concede la Convenzione è molto alto. Le norme contenute non si limitano a fornire protezione alle donne, ma si occupa anche dell’aspetto fondamentale della prevenzione, e qui si racchiude il punto più innovativo. Per la prima volta si affronta la violenza contro le donne non solo come un reato da punire, bensì come un fenomeno, come una conseguenza di condizioni sociali e culturali che devono essere rimosse affinché questi reati non avvengano più. Inoltre, prevede una serie di obblighi formativi per le figure professionali coinvolte (poliziotti, giudici, pubblici ministeri, assistenti sociali, avvocati, insegnanti, ecc), così da rendere le istituzioni un luogo accogliente per le donne che subiscono violenza ed evitare il fenomeno della cd. vittimizzazione secondaria.
In Italia la Convenzione è stata ratificata nel 2013, con la legge n. 77/2013, rendendo così vincolanti ed applicabili le norme contenute nel nostro ordinamento ed ha comportato l’aumento delle figure di reato previste a tutela delle donne come ad esempio il reato di stalking, definito “atti persecutori”, con cui si da dignità a tutte quelle donne che vivono una condizione di violenza psicologica.
nonostante la ratifica della Convenzione molto c’è ancora da fare nel contrasto alla violenza di genere, tant’è che in più di una occasione l’Italia è stata sanzionata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo proprio per non aver applicato in modo tempestivo ed adeguato le norme previste dalla Convenzione, determinando una prosecuzione delle violenze subite.