Aprile 2019, tornavo in Italia dopo un’intensa e non molto breve esperienza in terra teutonica, per la precisione Berlino.
Meta di divertimento, di lavoro, di arte, di storia, di melting pot culturale, crocevia di anime alla ricerca del sé, di una pausa dalla vita e da se stessi, un capriccio, un tentativo di evasione dagli schemi, una ricerca di eterna giovinezza e culla di una lingua tanto cavillosa quanto meravigliosa.
Dopo un anno e mezzo, calpestavo terra capitolina, pieno di speranze, di aspettative-quasi tutte disattese!-con la volontà di portare con me e reimpiegare tutto ciò che mi aveva accresciuto ed insegnato quell’ esperienza più adulta e professionale nel tanto esaltato e nominato estero.
Insomma, un ritorno all’insegna del tentativo di integrazione dei tanti me per avviare un’altra fase della mia vita, più adulta e strutturata.
A maggio 2019, scopro Fermenti, un bando neofita della Presidenza del Consiglio dei Ministri rivolto ai giovani under 35.
Il primo requisito di natura anagrafica c’è e mi decido ad andare avanti.
Decido allora di coinvolgere Sara e Giulia, due mie amiche di lungo corso.
Parteciparvi consiste nella stesura di un progetto che abbia il fine di apportare un contributo concreto e migliorativo in alcune delle sfide sociali dal bando individuate come: l’uguaglianza per tutti i generi; l’autonomia, welfare, benessere e salute; l’inclusione e la partecipazione.
Dalla condivisione di idee e confronti in cui ciascuno di noi tre apporta il proprio bagaglio culturale ed esperienziale, prende avvio la prima bozza progettuale.
L’idea è quella di creare uno spazio condiviso tripartito in un territorio romano caratterizzato da un’alta incidenza di migranti, povertà e persone in stato di bisogno. Un laboratorio così trifasicamente articolato: uno sportello di supporto legale, uno di sostegno psicologico e uno di carattere formativo con la creazione di una scuola d’italiano per stranieri.
L’obiettivo è che il beneficiario possa, usufruendo dei tre servizi, singolarmente o congiuntamente, ma soprattutto gratuitamente, avviare e completare un percorso di inclusione e di autonomia, un po’ quell’integrazione che cercavo io insomma!
Dopo un lungo periodo di attesa dalla consegna del progetto scopriamo, alla pubblicazione della graduatoria preliminare, di essere vittoriosamente giunti al 16esimo posto su più di mille candidature. Nessuno di noi tre si era mai approcciato ad un’esperienza simile o era avvezzo alla stesura di progetti.
Ebbene, in data 27.10.2020 è stata pubblicata la graduatoria definitiva che ci ha visto arrivare 1°.
È per me questo oggi un motivo di grande orgoglio che riprende le fila di quell’integrazione tanto desiderata e che era lì sotto e nascosta a “fermentare”.
E’ nata dunque La Chimera, la nostra associazione di promozione sociale, il cui nome evoca la figura mitologica poiché alla stessa si richiama in ragione della sua composizione multipla, come diverse e differenziate sono le competenze che noi tre apporteremo.
Perché il rifugio?
La scelta del nome il Rifugio prende ispirazione dal “Il Rifugio”, un bar che si trova nei pressi di casa a Berlino, aperto e gestito da un gruppo di ragazzi siriani, rifugiati in Germania a seguito della guerra nel loro paese.
Un punto di incontro, di accoglienza e di scambio in cui la comunità siriana e non solo si rifugiava e dove io stesso, straniero in territorio sconosciuto e che in Siria tanti anni prima come turista ero stato, spesso mi rifugiavo.
Per questo motivo spero e desidero che questa nuova esperienza, che ci terrà impegnati per i prossimi 18 mesi, sia un laboratorio di accoglienza e di sollievo per tutti coloro che sono alla ricerca di un ascolto, di un aiuto, di una risposta, un rifugio in cui la propria individualità, specificità e diversità verrà valorizzata e nutrita.
Benvenuta La Chimera, benvenuto “IL RIFUGIO“.